Mezzo secolo di teatro, su il sipario per BOIOCCHI

Quando a Melegnano si parla di teatro, viene spontaneo pensare alla compagnia “La Piccola Ribalta Enrico Maghini”, gruppo filodrammatico attivo dal 1972 nel nostro territorio. Eppure da cinquant’anni a Melegnano vanno in scena rappresentazioni teatrali sfuggite alla memoria del tempo, ma che in tanti avuto modo di applaudire. Scopriamo così che la maggior parte hanno visto nel ruolo di regista Arturo Boiocchi (nella foto con gli attori di una delle sue innumerevoli rappresentazioni).

Raccontaci della tua attività teatrale…

Si è svolta quasi esclusivamente in ambito oratoriano: il debutto è avvenuto il 18 febbraio 1967 come attore della commedia “Isidoro hai preso un granchio” diretta dal coadiutore dell’oratorio San Giuseppe don Carlemilio Leoni, sacerdote che tanta attenzione ha riservato all’arte dello spettacolo e dello sport. Nel 1972, dopo aver frequentato due corsi di regia a Milano, spronato proprio da don Carlo, creai la mia prima compagnia teatrale, che chiamai “La corda comica del fil de fer”. In quegli anni sul palco facevo coppia fissa con Giuseppe Chieppi, formavano un bel duo de  “mal tra insema”.

E arriviamo al 1980, quando la compagnia cambia nome e diventa la “Nuova corda comica del fil de fer”: del vecchio gruppo non c’è più nessuno, ci sono invece i ragazzi dell’oratorio. Nasce così la coppia Silvio Leni-Gianmario Fogliazza ben supportata dalla forza comica di Candida Triulzi, che faranno divertire un mondo il pubblico melegnanese. Il 1984 è l’anno de “Il Mosaico”, la compagnia teatrale che rimarrà in vita sino al 2000. In tanti anni sono stati innumerevoli gli spettacoli, da “Un marì per la mia tosa” a “El curtil di Cassinet” passando per “Andrea Lumaga trasporti rapidi” sino a “Il giorno della tremarella”, alcuni in italiano ma la maggior parte in dialetto. In tutti questi anni, infatti, è stata sempre forte in me la passione per la storia locale, le nostre tradizioni e soprattutto la lingua.

Hai lavorato con decine di attori…

Per citarli tutti, non basterebbe una pagina: ricordo Angelo Soffientini, Franca Castagnetti, Cristian Di Vita, Delia Ravera, Magda Bertoletti, Ilaria Marchesi, Roberto Campolunghi, Angelo ed Elena Lavesi. Nel 1990 ci siamo trasferiti nell’oratorio in viale Predabissi, mentre il 2000 segna un po’ la crisi della mia attività teatrale. Inagibili i saloni teatrali degli oratori, infatti, mi sono trovato nell’impossibilità di continuare se non con delle coperture economiche per l’affitto del salone e la realizzazione delle scene.

Per fortuna nel 2004 è nata la collaborazione con la sede locale dell’Avis guidata dall’ex presidente Lamberto Zappacosta, grazie alla quale abbiamo portato in scena i “Quater pass in galleria” con la partecipazione dell’indimenticabile Giovanni Colombo (El Culumbin) e dei veterani Angelo Lavesi e Giovanni Biggioggero.

In occasione del 60esimo anniversario di fondazione della locale sede Avis, grazie anche alla partecipazione della Piccola Ribalta, abbiamo portato in scena la commedia musicale “L’or de San Giorg” scritta da don Cesare Amelli, che ho riadattato proprio per l’occasione. Negli anni successivi, grazie alla collaborazione con Emiliano Mariani in rappresentanza della parrocchia di San Gaetano, abbiamo realizzato delle riviste per gli anziani: “Il Varietà” (2011), “Risate e Musica” (2012 e 2013). Tra il 1977 e il 2002, infine, vorrei ricordare la regia degli spettacoli di Coro della gioia e del Gruppo Jcm.

Negli ultimi anni, invece…

E’ nato tutto per caso e continua come un gioco. In rappresentanza dello Juventus club, sei stato proprio tu a contattarmi nel 2014 per portare in scena uno spettacolo teatrale in occasione dei 30 anni del sodalizio bianconero, il cui ricavato sarebbe andato alla parrocchia di San Gaetano. E’ nata così “Taca la bala”, commedia ambientata nella Melegnano degli anni Cinquanta che, anche grazie alla preziosa collaborazione dell’associazione culturale “La giostra delle arti”, abbiamo portato in scena con grande successo. Sempre in collaborazione con lo Juventus club, poi, lo scorso anno abbiamo portato in scena la commedia dialettale “I scalman de la sciura Giulia”.

E arriviamo a quest’anno…

Purtroppo per noi e per il pubblico melegnanese, Angelo Lavesi ha deciso di ritirarsi dalle scene per raggiunti limiti di età: in secondo luogo poi, per motivi di lavoro, non possiamo più contare sulla presenza di Roberto Campolunghi. Chi ha avuto modo di vedere all’opera i due brillanti attori, può comprendere quale perdita abbiano rappresentato per il nostro gruppo. Dotati di una spiccata verve comica e buoni conoscitori del nostro dialetto, hanno sempre fatto divertire un sacco il pubblico melegnanese.

Per sopperire al doppio forfait, abbiamo quindi dato fiducia a ragazzi che hanno appena iniziato la propria carriera artistica; ma ci siamo anche affidati ad attori che arrivano da una realtà diversa, è il caso della Meteor di Mediglia o della Giostra delle arti di Melegnano, ai quali abbiamo assegnato le parti principali. Abbiamo così deciso di portare in scena “Gli allegri chirurghi”, lavoro del famoso scrittore Ray Cooney, dalla cui penna ironica sono uscite commedie come “Taxi a due piazze” o “Se devi dire una bugia dilla grossa”, per anni cavallo di battaglia di Johnny Dorelli. Si tratta di un impegno non certo semplice, ma so di poter contare su attori veramente in gamba che non deluderanno certo le attese.

Perché la vostra compagnia si chiama “Una Tantum”?

E’ il nome che meglio ci identifica. Noi ci mettiamo insieme quando qualcuno ce ne dà la possibilità; quando il lavoro è finito, ognuno è libero di fare ciò che vuole. Siamo ricchi, e tanto, solo dell’amore per il teatro. Rappresentiamo ancora quello spirito indipendente delle antiche compagnie che si esibivano quando capitava, dove capitava e sopravvivendo dell’elemosina di chi li andava ad ammirare o della generosità di chi li invitava.

Nonostante tutto, però, la tua storia sfugge ai più…

E’ più semplice associare un ricordo ad una sensazione, quindi rammentare un attore quando ci ha fatto divertire o commuovere. E’ difficile invece ricordarsi del regista, che pure lo ha diretto: il regista non lo vedi, non ti trasmette emozioni, alla fine il suo nome sfugge. Perché lo faccio? Perché tutto questo mi arricchisce sempre più: aumenta il bagaglio di esperienza, mi dà la possibilità di conoscere gente nuova con cui stabilire rapporti di collaborazione. L’obiettivo comune è di realizzare uno spettacolo al meglio delle proprie capacità. E poi…Perché mi diverto ancora un sacco!”.

Massimiliano Curti