Le partite con l’Usom e i viaggi in giro per il mondo, l’amore per la piscina e le gare con i ragazzi diversamente abili. C’è tutto questo e molto altro ancora nella storia del 46enne Roberto Florindi che, in mezzo ad una vita carica di impegni, trova anche il tempo per scrivere sulle pagine sportive de “Il Melegnanese”.
Lei ha iniziato con il calcio…
Tra la metà degli anni Settanta e gli anni Novanta, ho fatto tutta la trafila nell’Usom calcio, la squadra dell’oratorio San Giuseppe: pulcini, esordienti e giovanissimi con il mitico Rino Zamproni, che mi faceva giocare in difesa. Durante un torneo a Dresano, però, mi provò a centrocampo. Fu così che negli allievi allenati da Enrico Reati finii a fare il centravanti. In prima squadra, invece, il buon Pietro Bassi mi mise sull’ala destra. In quegli anni anche mio padre Pasquale giocò un ruolo di primo piano nell’Usom come dirigente.
Chi erano i suoi amici?
Ce n’erano moltissimi, l’elenco sarebbe lunghissimo: le potrei dire Antonio Di Battista, Alessandro Braga, Daniele Gruppi, Rinaldo Poggi, Marco Marnini, Massimo Vertola, Andrea Martinenghi, Stefano Rapelli e tanti altri ancora.
Come nasce invece l’amore per il nuoto?
Parallelamente al calcio, iniziai a nuotare, dove però era molto più bravo mio fratello Alessandro, che partecipò anche ai campionati italiani. Io, invece, ero un’autentica schiappa.
Poi cosa successe?
A 23 anni appesi al chiodo sia le scarpe sia la cuffia. Per questioni di lavoro, infatti, iniziai a girare il mondo. Nel giro di pochi anni visitai la Cina e il Giappone, il Messico e l’India, il Cile e il Brasile, l’Africa e gran parte dell’Europa. Nel 2000 però, quando tra l’altro conobbi mia moglie Isabella, decisi di cambiare nuovamente vita. Ero stanco di essere sballottato da un parte all’altra del globo. Fu così che iniziai a lavorare in ufficio.
Già, ma il nuoto…
Un giorno per caso incontrai il vecchio amico Stefano Baldrighi, al quale non ci volle molto per convincermi: “Stiamo facendo una squadra master, vieni a nuotare con noi”. Iniziava così la mia seconda vita nell’acqua, che pure non toccavo da 14 anni. Nei primi anni i miei erano allenamenti blandi: si partecipava con le famiglie ai vari trofei in giro per l’Italia, che erano importanti soprattutto perché si creava la compagnia. Tutto cambiò nel 2012 quando, chiusa una porta, mi si aprì un portone.
In che senso?
Complice la grave crisi economica, l’azienda dove lavoravo chiuse i battenti. Fu così che decisi di tornare al primo amore: ero in possesso di tutti i brevetti del caso, iniziai a lavorare alla Piscina Melegnano, dove nel tempo libero mi allenavo sul serio. Sono nate così le partecipazioni alla 24 ore in solitaria, alla 17 chilometri nel mare del Conero e via discorrendo.
Il resto è storia di questi giorni…
In stretta collaborazione con i responsabili della Piscina Melegnano Fabio Siviero e Francesca Pazienza, abbiamo avviato un corso dedicato ai ragazzi disabili dal punto di vista sia fisico sia relazionale-intellettivo. Mi riferisco in particolare ai giovani down o con problemi autistici, che proprio domenica scorsa hanno partecipato alla loro prima gara Fisdir (nella foto). La seconda invece, stavolta dedicata ai disabili fisici della Finp, è in programma per il 19 marzo a Bergamo. Si tratta davvero di appuntamenti fondamentali per i ragazzi che, aventi nella maggior parte dei casi scarsa fiducia in se stessi, in queste occasioni si sentono invece importanti e realizzati. Nel caso dei ragazzi non ancora adulti, fondamentale è il supporto delle famiglie, da cui tutti noi abbiamo tanto da imparare”.